Finalità del Comitato

Il Comitato Genitori è un organo che consente la partecipazione dei genitori nella scuola ed opera al fine di rafforzare la collaborazione fra le varie componenti scolastiche e contribuire a realizzarne la funzione di promozione civile, sociale e culturale. Il Comitato Genitori non è un organo collegiale, ma un'associazione di fatto ed è riconosciuta dalla normativa vigente - art. 15, comma 2 del DL 297/94 ed art. 3, comma 3 del DPR 275/99 - ed ha facoltà di presentare proposte e/o formulare pareri senza che questi costituiscano vincolo per il dirigente scolastico ed il Consiglio d'Istituto. Il Comitato Genitori non ha fini di lucro e le cariche si intendono prestate a titolo gratuito.

sabato 8 febbraio 2014

10 febbraio 2014 - IL GIORNO DEL RICORDO


Estratto da: Wanda Muggia – Natalia – Editrice Nuovi Autori  - 1999



L’ESODO GIULIANO–DALMATA: UNA TESTIMONIANZA

… con il trattato di pace, gli Alleati avevano deciso delle nostre sorti, quindi la città di Pola passava sotto la Yugoslavia e noi italiani dovevamo decidere se rimanere sotto il dominio di Tito o andare via da Pola.
Intanto la manifattura tabacchi cominci  a smontare tutti i macchinari e a trasferirli nelle varie città d’Italia; quindi mia madre decise di lasciare Pola.
Ma prima di lasciare la città, mia madre volle trasferire la salma di mio fratello Vitaliano (morto il 18 agosto 1946 nell’eccidio di Vergarolla) a Trieste, non voleva lasciare i suoi resti in terra straniera. And  al Comune di Pola a chiedere aiuto per il trasporto della salma e la possibilità di avere una vera cassa da morto zincata, e non quella provvisoria nella quale era stato seppellito. Povera mamma, mi raccont  piangendo che un uomo del comitato le aveva detto: “Signora, una bocca da sfamare in meno”. E’ triste ricordare tutti questi particolari.
Comunque, dopo questo fatto dolorosissimo, desidero trascrivere cosa mia mamma dovette firmare:

AL CONSOLATO GENERALE DEL R.F.P.J. MILANO

Io sottoscritta, nata a Visinada il giorno 25-12-1908 dichiarando che il giorno 10 giugno 1940 ero stabilmente domiciliato e residente a Pola come cittadino italiano, dichiarando che avevo conservato il giorno 15 settembre 1947 la mia cittadinanza italiana, dichiarando che la lingua italiana è la mia lingua d’uso e cioè la lingua parlata e scritta abitudinariamente nei miei rapporti familiari  e sociali, a nome mio e dei miei figli sotto elencati, presa conoscenza dell’art. 19 del Trattato di Pace fra l’Italia e le Potenze Alleate, VISTA la legge n. 2298 emanata in Belgrado il 2 dicembre 1947 e il regolamento n. 813 emanato a Belgrado il 15 dicembre 1947 pubblicato il 24 successivo, a conoscenza delle facilitazioni accordate per i residenti fuori dal territorio della R.F.P.J., affermo e dichiaro essere mia volontà di avvalermi delle disposizioni di cui sopra, avendone per le stessi leggi pieno diritto, e pertanto con questa dichiarazione redatta in duplice esemplare

SOLENNEMENTE OPTO
a nome mio (e dei miei figli minori soprascritti) per la CITTADINANZA ITALIANA.

E con questo, ai primi del mese di febbraio 1947 lasciammo la città di Pola, imbarcati sulla nave ospedaliera Toscana. La nostra partenza fu desolante, c’era una lunga fila di persone con i relativi bagagli che attendeva di salire a bordo. Per l’ultima volta guardammo la città coperta di neve e poi partimmo.
La nostra destinazione era il porto di Ancora, poi avremmo preso il treno per raggiungere la località in cui mia mamma doveva essere riassunta in manifattura come di diritto.
Il nostro arrivo ad Ancona fu triste e commovente. Al porto c’erano moltissime persone che attendevano il nostro arrivo con  le bandiere italiane, un motoscafo sul quale, a detta di qualcuno, era imbarcato un Ammiraglio che ci dava il benvenuto, girava intorno alla nave mentre suonavano le sirene. Noi credevamo di vivere in un altro mondo.


Giovane esule italiana in fuga trasporta, insieme ai suoi effetti personali, un tricolore.

Una bimba allo sbarco a Trieste
 


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